Gli effetti
del disastro
ambientale

 
Ciò che accadde in Kuwait il 21 febbraio 1991 fu una catastrofe ambientale a livello planetario, che non poteva essere limitata regionalmente.

I 730 pozzi di petrolio distribuiti nelle zone di Al-Ahmadi, Al-Burgan, Al-Sabrylah ed Al-Wafra dati alle fiamme dalle truppe di Saddam Hussein in fuga, sono stati spenti dopo 8 mesi con il lavoro delle centinaia di Fire Fighters (i pompieri).

Alcuni dati su ciò che successe nell'atmosfera, nelle acque e sulla terra devono farci riflettere.

Ogni 24 ore erano immesse nell'atmosfera:
100.000 tonnellate di fumo nero,
50.000 tonnellate di anidride solforosa,
20.000 tonnellate di composto di zolfo.

Vennero bruciati 6.000.000 di barili di petrolio al giorno equivalenti al doppio della produzione normale del Kuwait e il triplo del consumo giornaliero degli Stati Uniti.

Nelle acque del Golfo Persico vennero immesse 1.000.000 di tonnellate di petrolio, cioè l'equivalente del carico di 10 superpetroliere. Fino a 200 Km. dal fronte delle fiamme la riduzione della luce ha determinato il cosiddetto "effetto notte", abbassando la temperatura di 10 gradi centigradi.

I fumi sprigionati dai pozzi sono rimasti per mesi nell'atmosfera fino a 1800 metri d'altezza e le piogge acide li hanno riportati a terra rovinando i raccolti e la vegetazione fino a 2000 Km. dal punto d'origine. Sulla catena dell'Himalaya ha nevicato nero, il che ha portato l'assorbimento del calore del sole al doppio del normale facendo sciogliere le nevi con notevole anticipo sui tempi stagionali e con l'immissione di acque gravemente inquinate nei fiumi.

Il Kuwait era un enorme campo minato molto difficile da bonificare, sporco di petrolio, di bombe, di rifiuti e di fuliggine, tanto che in vaste zone la sabbia aveva lo stesso colore dell'asfalto.




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