N° 16
Il parto extraospedaliero
Esaurito

 

 

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Esaurito

SUL PERCHÉ IL PARTO EXTRAOSPEDALIERO SI CHIAMA “EXTRAOSPEDALIERO”, E SUL PERCHÉ IL PARTO A DOMICILIO E LE CASE MATERNITÀ NON POSSONO TROVARSI ALL’INTERNO DI UN’OSPEDALE

C’era una volta... la nascita. E solo in tempi molto molto più lontani sono nati gli ospedali.
Si potrebbe iniziare anche “C’erano una volta le donne.....”
Mi viene da iniziare questo numero come una fiaba, perché la storia è davvero lunga e piena di fate, principi, ostacoli, castelli, streghe, maghi e boschi oscuri.
Scavando nelle origini del movimento extraospedaliero mi sono resa conto che io e le mie colleghe che presento in questo numero, siamo già storia. Perché il parto a domicilio di strada ne ha fatta, e siamo pronte per un ulteriore salto: le case maternità. Me lo fa sentire anche la mia giovanissima collega Simona che sta imparando con me ad assistere i parti a domicilio, e che fa già parte di una nuova generazione di ostetriche, per le quali è più naturale scegliere questo ramo del loro mestiere, e che non sa niente delle nostre lotte, ne conosce le motivazioni che ci hanno spinte a riportare il parto alle donne. Mi sono anche resa conto che tali motivazioni e le condizioni che stavano alla base del nostro agire non sono per niente cambiati, ne sono diminuite di attualità le tematiche della ricerca delle donne sulla propria salute e autodeterminazione. Forse si sono solo un po’ sfumate. 20 anni di produzione di cultura e di esperienza non hanno ancora cambiato la condizione della maggior parte delle donne in maternità.
Le istituzioni esitano ancora a riconoscere e accettare una autentica radice femminile nella proposta di nuovi servizi.
Perché di nuovi servizi per le donne, i bambini, gli uomini, le famiglie si tratta, non per il riciclaggio e rivestimento di vecchi servizi.
Il parto extraospedaliero è un luogo nuovo per la nascita, con nuove logiche e una nuova collocazione.
Propone una dimensione sociale della nascita, mette il controllo dell’evento gravidanza nascita nelle mani delle donne, segue criteri che rispettano sempre e in ogni momento l’unione tra donna, bambino e famiglia, propone un luogo di salute per il parto, possibilmente con gli elementi della natura presenti quali forti alleati delle donne (giardino, caminetto, vasca, aria fresca), come esiste per esempio in Brasile.
Pensare il parto extraospedaliero richiede un cambiamento del pensiero rivolto alla vita, richiede amore per la vita e per le donne. Richiede un sogno nuovo. Senza amore ridiventa un’iniziativa sterile.
In ambito pubblico ci vergogniamo ad usare la parola “amore”. La voglio riproporre qui con forza, perché penso che sia l’unica parola il cui potenziale di trasformazione possa essere capito e possa fungere come chiave d’accesso ai nuovi progetti.
L’amore non esclude la sicurezza, semmai l’aumenta infinitamente.
Una donna di Firenze che in questi giorni ha partorito il suo quarto figlio a casa da sola, senza nessuna assistenza professionale per scelta, ha espresso con molta forza il suo pensiero. Dice:”E’ fondamentale che mentre partorisci sei completamente dentro di te, che te ne freghi degli altri, che ci sei solo tu e il tuo bambino intensamente, pensi a te e pensi a lui e allora non può che andare bene il parto.”
La donna al centro, non solo durante il parto, ma anche durante la gravidanza, durante l’allattamento, questo è possibile solo in un luogo sociale, non in un’ospedale, luogo di malattia e di passaggio.
Il parto extraospedaliero è il tema di questo numero, ma l’obiettivo più ampio rimane sempre quello di cambiare la condizione della nascita per tutte le donne, e di offrire sempre più possibilità per le donne di scegliere in base ai loro bisogni, ma anche per le ostetriche di trovarsi un’ambito di lavoro “su misura”. Quindi presentiamo anche due progetti innovativi intraospedalieri che rispettano la continuità dell’assistenza e gli aspetti relazionali fra ostetrica e donna.

Verena Schmid

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