N° 42
I gruppi dopo il parto

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Indice:

GRUPPI DOPO-PARTO: COME E PERCHÉ
Di Gabriella Fois (Ostetrica)

MAMME CON LE ALI
Di  Paola Maria Lussoglio (Ostetrica)

IL LAVORO CORPOREO
Di Sabina Pastura (Ostetrica)

LA SCUOLA DEI GENITORI
Di Marilia Zappalà (Scrittrice)

ANCHE NEL PUBBLICO SI PUÒ
Di Maria Viola  Cangioli e Lisetta Rafanelli (Ostetriche)

VEZZI E VIZI
Di Marta Campiotti (Ostetrica)

UN BAMBINO MI PARLA
Di Lisetta Rafanelli (Ostetrica)

LE RISORSE DEL NEONATO
Di Anna Ceccherini (Ostetrica)

LE VISUALIZZAZIONI: UNO STRUMENTO TUTTO DA SCOPRIRE
Di Paola Frisoli (Ostetrica)

PICCOLI ABBONATI AL PRONTO SOCCORSO
Di Luigi Proietti (Medico Pediatra)

UN TOCCO…DI GRAZIA
Di Claudia Massopust (Ostetrica)

TATTO E CONTATTO
Di Paola Greco  (Ostetrica)

INCONTRARSI DOPO UN CESAREO
Di Lisetta Rafanelli (Ostetrica)

DALLA MATERNITÀ ALLA  CREATIVITÀ SOCIALE
Di Monica Naef

QUANDO LA MADRE TORNA AL LAVORO
Di Rossella Minocchi (Ostetrica)

EDITORIALE del N.42
SETTEMBRE 2003

L'OSTETRICA, DOPO

La professione dell'ostetrica comincia con il parto. Tutto ruota intorno al parto. Anche il mio percorso professionale è iniziato dal parto. Il parto rappresenta in qualche modo il fulcro dell'esperienza professionale, carico com'è di emozionalità.
Per un'ostetrica è più difficile prendersi la responsabilità di una gravidanza o di un puerperio che non quella di un parto.
Prima e dopo il parto il  ruolo dell'ostetrica è un altro. Più che tecnico, è relazionale, più che medico è sociale. Presuppone delle competenze e conoscenze nell'ambito della comunicazione, del sostegno, della maieutica, delle scienze sociali e psicologiche. Competenze scarsamente coltivate, sia nella formazione di base, che nell'aggiornamento permanente.
Nel mio apprendistato continuo di ostetrica, la migliore scuola l'ho sempre consideratala mia esperienza con i gruppi dopo parto. E' in quei nove mesi dopo la nascita, che ho imparato dalle madri e dai bambini a capire il significato di tutto quello che succede e che noi operatori facciamo durante la gravidanza e il parto. Ho visto gli effetti a medio termine delle modalità dei vissuti della gravidanza e dell'espletazione del parto sulla qualità della relazione madre-bambino, sull'allattamento, sull'autostima delle donne, sulla loro relazione con il partner, con il proprio corpo, con la propria sessualità. E' là che ho capito l'importanza del rispetto dei percorsi individuali delle donne, del rispetto dei loro tempi, dell'impatto emozionale di tutte le interferenze acceleranti e di controllo che fanno invece perdere a loro il contatto con sé stesse, con quello che succede e con il loro bambino.
Esperienze rimaste aperte, il bisogno di recuperare parti perse e di chiudere esperienze a metà, segnano le donne e portano a volte a nuove gravidanze, non tanto per il desiderio di un nuovo bambino, ma per un desiderio di recupero.
Dove c'è uno spazio sociale per rielaborare l'esperienza della nascita? Dove c'è un luogo di confronto con altre madri nella ricerca di un ritmo personale con il bambino, con uno spazio anche per la donna nei suoi aspetti personali e sociali?
Dove c'è uno spazio sociale per dare valore creativo a quell'immersione che richiede la cura di un bambino piccolo, vissuta spesso solo come fatica e sacrificio? Dove la madre può attingere a un sapere sulle modalità di essere e di crescere di un bambino?
E' l'assenza di questo spazio che trattiene spesso le donne dall'avere altri figli. E' troppo difficile, essendo sole.
La nostra organizzazione sociale chiede alla donna di essere "anche" madre, ma quasi come un'appendice, perché non se ne può (ancora) fare a meno. Contemporaneamente essa non può venire meno al suo essere lavoratrice, partner, attiva socialmente.
La maternità nei suoi 18 mesi tra endo- e esogestazione non ha un reale spazio sociale, uno spazio positivo, affermativo che autorizzi l'immersione piena in quest'esperienza e la valorizzi. Sappiamo che costerebbe meno, pagare le madri per stare a casa con i figli il primo anno di vita, rispetto alla gestione dei nidi comunali, e che le donne ritornerebbero in società piene di una carica creativa moltiplicata. Ma c'è paura, paura di perdere "il posto" (non solo di lavoro, ma del proprio essere donna sociale).
Nella mia esperienza, anche consultoriale, quando si crea un reale spazio dove vivere l'esogestazione socialmente, quando non incombono rilevanti problemi economici o logistici, questa paura svanisce e ogni donna desidera passare almeno il primo anno con il figlio. I gruppi dopo parto offrono questo spazio sociale. Nati nel privato, cominciano a entrare in alcune realtà istituzionali. Le difficoltà organizzative ci sono nel pubblico, come ci racconta l'esperienza di Pistoia, ma il loro valore è grandissimo. Possono essere condotti da diverse figure professionali, ma l'ostetrica continua a lavorare per la salutogenesi di madre e bambino, in un'ottica globale e di continuità tra gravidanza - parto e esogestazione. E' un bellissimo lavoro.

Verena Schmid

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